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GIUSEPPE  PARINO La vita, le opere  e il pensiero poetico Tre Brani antologici Critica
INDICE ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],2 3 10 13 19 23 29 32 46
LA VITA ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
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PARINI, UN MODERATO ILLUMINISTA ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
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LE PRIME ODI E LA BATTAGLIA ILLUMINISTICA ,[object Object],[object Object],[object Object]
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SCHEMA ARGOMENTATIVO DELLE PRIME ODI
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[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],IL MATTINO E IL MEZZOGIORNO
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LE ULTIME ODI E IL NEOCLASSICISMO PARINIANO ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
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IL VESPRO E LA NOTTE ,[object Object],[object Object],[object Object],NOTTE (673 VERSI ED ALCUNI FRAMMENTI) I due amanti si recano ad un ricevimento. Qui sono evidenziate le consuete attività svolte dagli aristocratici. Si nota,inoltre, una coppia di anziani signori che per combattere la noia giocano a carte.
[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Accentuarsi del classicismo Scomparsa delle arditezze linguistiche Fluidità della sintassi Ricerca di compostezza,equilibrio e armonia STILE
ANTOLOGIA PARINIANA La salubrità dell’aria Il  giovin  signore inizia la sua giornata La vergine Cuccia
Questo componimento fa parte del primo gruppo di  Odi  scritte da Giuseppe Parini. La tematica principale di questo testo è la differenza di condizioni igienico-sanitarie e generalmente ambientali tra Bosisio e la Brianza con Milano. Il componimento si apre con la descrizione dei luoghi d’origine dell’autore, cioè Bosisio e dintorni. Lì l’aria è pura e giova ai polmoni inquinati indeboliti dall’aria di città. Non arriva né lo Scirocco né la Tramontana perché le montagne che circondando il paese non lo permettono. Non ci sono paludi di acqua stagnante che costituiscono la presenza di insetti portatori di malattie. L’unica acqua che c’è all’infuori dei laghi è quella della rugiada che viene asciugata la mattina con il Sole. A questo punto comincia la condanna dell’autore verso colui che ha provocato l’inquinamento di Milano, dimostrando egoismo non tenendo conto della comunità. Egli,secondo la legge del contrappasso, sarà punito a stare nei fanghi del fiume Stige, con il viso sommerso dalla melma e disperandosi per ciò che fece in passato per lucro. I coltivatori di riso nei dintorni di Milano sono definiti malati e l’autore si rivolge al cittadino chiedendogli di riflettere su questi problemi. Ora l’autore esprime il suo desiderio di passare le giornate dove il clima è piacevole, e dove, anche se lavorano, i contadini sono robusti e sani. Descrive la gente di campagna come gioiosa e felici della loro vita, che si accontentato di semplici cose. Ma anche Milano un tempo era così, cioè senza problemi di inquinamento, ma nessuno dei contadini, che pensavano solo ad arricchirsi hanno pensato di preservare questi doni. Oltre alle putride risaie, hanno deviato anche il corso dei torrenti per allagare i propri campi. In seguito descrive le strade della città di Milano: le definisce come fogne a cielo aperto, perché le persone gettano i contenuti dei vasi da notte per strada; carogne di animali che portano malattie e cattivi odori. Anche se dopo il tramonto, i netturbini puliscono tutto, l’indomani tutto ritorna come prima perché i cittadini non hanno rispetto delle leggi e non si rendono conto che se recano un danno alla comunità la recano a loro stessi.  LA SALUBRITA’ DELL’ARIA
Analisi ed interpretazione del testo ,[object Object],[object Object],[object Object]
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[object Object],25  Pera colui che primo   a le triste ozïose   acque e al fetido limo   la mia  cittade  espose ;   e per lucro  ebbe a vile 30  la salute civile .   Certo  colui del fiume   di  Stige  ora s'impaccia   tra  l' orribil  bitume ,   onde alzando la faccia  35  bestemmia il fango e l'acque,   che radunar gli piacque .   Mira dipinti in viso   di mortali pallori   entro al mal nato riso  40  i languenti cultori ;   e trema o cittadino,   che a te il soffri vicino.     Io  de'  miei colli ameni   nel bel clima innocente   passerò  i dì sereni  45 tra la beata gente,   che di fatiche  onusta   e vegeta e robusta.
[object Object],Ahi non bastò che intorno   putridi stagni avesse ; 75  anzi a turbarne il giorno   sotto a le mura stesse   trasse gli  scelerati   rivi  a marcir su i prati   E la comun salute 80  sacrificossi  al pasto   d'ambizïose mute ,   che poi con  crudo fasto   calchin per l'ampie strade   il popolo che cade. 85  A voi  il timo e il croco   e la menta selvaggia   l'aere per ogni loco   de'   varj  atomi irraggia ,   che con soavi e cari 90  sensi pungon le nari.   Ma al piè de' gran palagi   là il fimo alto fermenta;   e di sali malvagi   ammorba l'aria lenta, 95  che a stagnar si rimase   tra le sublimi case.
Quivi i  lari plebei   da le spregiate  crete   d'umor fracidi e rei 100  versan  fonti indiscrete ;   onde il vapor s'aggira;   e col fiato s'inspira.   spenti animai, ridotti   per le  frequenti vie , 105 de gli aliti corrotti   empion  l'estivo  die :   spettacolo deforme   del cittadin su l'orme!   Nè a pena  cadde il sole 110 che vaganti latrine   con spalancate gole   lustran ogni confine   de la città, che desta   beve l'aura molesta. 115 gridan le leggi è vero;   e Temi bieco guata:   ma sol di sè pensiero   ha l'inerzia privata.   stolto! E mirar non vuoi 120 ne' comun danni i tuoi? Ma dove ahi corro e vago   lontano da le  belle   colline e dal  bel  lago   e dalle villanelle, 125 a cui  sì vivo e schietto   aere  ondeggiar fa il petto ?   Va per negletta via   ognor l'util cercando   la  calda  fantasìa , 130 che sol felice è quando   l'utile unir può al vanto   di lusinghevol canto.
IL GIOVIN SIGNORE INIZIA LA SUA GIORNTA ,[object Object],[object Object]
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LA VERGINE CUCCIA ,[object Object]
- E’ uno tra i brani più sarcastici e insieme più drammatici di tutto il “Mezzogiorno". Il sarcasmo - evidente nel linguaggio della dama che trova adorabile la sua cagnetta (“allora che la sua bella vergine cuccia de le Grazie alunna , giovenilmente vezzeggiando…” vv.518-520 ) e deliziosi i suoi dentini, candidi come avorio, e poi giudica il piede del servitore villano e sacrilego - risalta particolarmente nella scena tragicomica dello svenimento e soprattutto negli ultimi versi dove la cagnetta diviene l’idolo di una società ingiusta e tanto corrotta da anteporre all’uomo un animale e fare di quest’ultimo un dio mentre l’altro perde ogni considerazione.  - Il dramma della cagnetta viene visto persino in chiave mitologica: è come se alla cagnetta, infastidita per il calcio, rispondesse la ninfa Eco impietosita. Il riferimento assume così in questo brano valore ironico perché riferito ad un soggetto ridicolo come la cagnetta.  - Il punto di vista, nel corso della narrazione, muta; riguardo al licenziamento del servo vi è un’ambivalenza: nell’ottica della dama vi è compiacimento per la punizione esemplare inflitta all’empio, mentre in quella dell’autore - tra le righe – vi è sdegno morale per la disumanità della padrona nei confronti del servo.
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CRITICA Pietro Verri Alessandro  Manzoni Attilio  Momigliano Francesco de  Sanctis
CRITICA ,[object Object],[object Object]
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Francesco de Sanctis ,[object Object]
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Giuseppe Parini

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Giuseppe Parini

  • 1. GIUSEPPE PARINO La vita, le opere e il pensiero poetico Tre Brani antologici Critica
  • 2.
  • 3.
  • 4.
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  • 31. Accentuarsi del classicismo Scomparsa delle arditezze linguistiche Fluidità della sintassi Ricerca di compostezza,equilibrio e armonia STILE
  • 32. ANTOLOGIA PARINIANA La salubrità dell’aria Il giovin signore inizia la sua giornata La vergine Cuccia
  • 33. Questo componimento fa parte del primo gruppo di Odi scritte da Giuseppe Parini. La tematica principale di questo testo è la differenza di condizioni igienico-sanitarie e generalmente ambientali tra Bosisio e la Brianza con Milano. Il componimento si apre con la descrizione dei luoghi d’origine dell’autore, cioè Bosisio e dintorni. Lì l’aria è pura e giova ai polmoni inquinati indeboliti dall’aria di città. Non arriva né lo Scirocco né la Tramontana perché le montagne che circondando il paese non lo permettono. Non ci sono paludi di acqua stagnante che costituiscono la presenza di insetti portatori di malattie. L’unica acqua che c’è all’infuori dei laghi è quella della rugiada che viene asciugata la mattina con il Sole. A questo punto comincia la condanna dell’autore verso colui che ha provocato l’inquinamento di Milano, dimostrando egoismo non tenendo conto della comunità. Egli,secondo la legge del contrappasso, sarà punito a stare nei fanghi del fiume Stige, con il viso sommerso dalla melma e disperandosi per ciò che fece in passato per lucro. I coltivatori di riso nei dintorni di Milano sono definiti malati e l’autore si rivolge al cittadino chiedendogli di riflettere su questi problemi. Ora l’autore esprime il suo desiderio di passare le giornate dove il clima è piacevole, e dove, anche se lavorano, i contadini sono robusti e sani. Descrive la gente di campagna come gioiosa e felici della loro vita, che si accontentato di semplici cose. Ma anche Milano un tempo era così, cioè senza problemi di inquinamento, ma nessuno dei contadini, che pensavano solo ad arricchirsi hanno pensato di preservare questi doni. Oltre alle putride risaie, hanno deviato anche il corso dei torrenti per allagare i propri campi. In seguito descrive le strade della città di Milano: le definisce come fogne a cielo aperto, perché le persone gettano i contenuti dei vasi da notte per strada; carogne di animali che portano malattie e cattivi odori. Anche se dopo il tramonto, i netturbini puliscono tutto, l’indomani tutto ritorna come prima perché i cittadini non hanno rispetto delle leggi e non si rendono conto che se recano un danno alla comunità la recano a loro stessi. LA SALUBRITA’ DELL’ARIA
  • 34.
  • 35.
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  • 38. Quivi i lari plebei da le spregiate crete d'umor fracidi e rei 100 versan fonti indiscrete ; onde il vapor s'aggira; e col fiato s'inspira. spenti animai, ridotti per le frequenti vie , 105 de gli aliti corrotti empion l'estivo die : spettacolo deforme del cittadin su l'orme! Nè a pena cadde il sole 110 che vaganti latrine con spalancate gole lustran ogni confine de la città, che desta beve l'aura molesta. 115 gridan le leggi è vero; e Temi bieco guata: ma sol di sè pensiero ha l'inerzia privata. stolto! E mirar non vuoi 120 ne' comun danni i tuoi? Ma dove ahi corro e vago lontano da le belle colline e dal bel lago e dalle villanelle, 125 a cui sì vivo e schietto aere ondeggiar fa il petto ? Va per negletta via ognor l'util cercando la calda fantasìa , 130 che sol felice è quando l'utile unir può al vanto di lusinghevol canto.
  • 39.
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  • 42.
  • 43. - E’ uno tra i brani più sarcastici e insieme più drammatici di tutto il “Mezzogiorno". Il sarcasmo - evidente nel linguaggio della dama che trova adorabile la sua cagnetta (“allora che la sua bella vergine cuccia de le Grazie alunna , giovenilmente vezzeggiando…” vv.518-520 ) e deliziosi i suoi dentini, candidi come avorio, e poi giudica il piede del servitore villano e sacrilego - risalta particolarmente nella scena tragicomica dello svenimento e soprattutto negli ultimi versi dove la cagnetta diviene l’idolo di una società ingiusta e tanto corrotta da anteporre all’uomo un animale e fare di quest’ultimo un dio mentre l’altro perde ogni considerazione. - Il dramma della cagnetta viene visto persino in chiave mitologica: è come se alla cagnetta, infastidita per il calcio, rispondesse la ninfa Eco impietosita. Il riferimento assume così in questo brano valore ironico perché riferito ad un soggetto ridicolo come la cagnetta. - Il punto di vista, nel corso della narrazione, muta; riguardo al licenziamento del servo vi è un’ambivalenza: nell’ottica della dama vi è compiacimento per la punizione esemplare inflitta all’empio, mentre in quella dell’autore - tra le righe – vi è sdegno morale per la disumanità della padrona nei confronti del servo.
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